L’operatore sociale, l’educatore territoriale, il lavoratore del terzo settore in generale, anche se ancora considerate come nuove professioni, hanno ormai una storia che richiede di verificarne lo statuto alla luce dei cambiamenti sociali. Costretto all’eclettismo, chi lavora nell’ambito della cura alla persona oggi sa di farlo con le spalle sempre meno coperte.
Da un lato le grandi narrazioni che hanno guidato l’intervento sociale risultano sempre meno utili. Tanto la retorica del soccorso, quanto quella dell’emancipazione rischiano di svuotarsi di senso. I richiami alla legalità, portati avanti in nome di istituzioni indebolite, rischiano solo di sottolineare processi di esclusione.
Dall’altro lato, il ricorso ai tecnicismi porta a irrigidire il proprio intervento e a renderlo impermeabile al cambiamento. Si diffondono sempre più strutture business oriented, che adottando l’approccio aziendalista, risultano interessate soltanto a questioni quantitative e al rispetto del paradigma dell’efficienza.
Perché sono qui? Chi me lo ha fatto fare? Cosa sto facendo? Sono queste le domande che nei momenti di crisi ogni educatore si trova ad affrontare. Ma poiché la crisi è una dimensione strutturale, è giusto che queste domande accompagnino costantemente l’intervento sociale e vengano affrontate in modo collettivo e pubblico.
Il ciclo di incontri “Anatomia dell’Irrequietezza” intende proporre un percorso che affronti alcune delle questioni legate alla figura dell’operatore sociale che, nel vortice dell’operatività, spesso non trovano spazio. Pensare al senso di questo ruolo, affrontando le questioni che lo ispirano, diventa un passo necessario a ridisegnare i tratti di questa professione.
Gli incontri sono rivolti sicuramente a operatori sociali, ma non solo. Il loro obiettivo è quello di toccare questioni che riguardano in generale il lavoro nei territori, il lavoro di cura e l’intervento sociale inteso nel senso più ampio possibile.
Nell’iniziativa sono stati coinvolti relatori provenienti da ambiti diversi, a volte anche distanti, come uno psicoterapeuta, un architetto, un pedagogista ed un antropologo, proprio perché l’operatore sociale si trova ad essere un po’ tutte queste cose senza mai essere lo specialista di nessuna. Il lavoratore del sociale, in altri termini, deve imparare a muoversi nella complessità.
Il ciclo di incontri è promosso WeWorld Onlus e da Per Esempio Onlus all’interno della cornice del progetto Frequenza 200 e dell’omonimo network nazionale impegnato da 5 anni nella promozione e nella diffusione di pratiche e metodologie di intervento per il contrasto alla dispersione scolastica.