Indagini Difensive
Con il termine indagini difensive si intendono tutte le attività di investigazione e di indagine che il difensore può svolgere, nell’interesse del proprio assistito, in parallelo rispetto a quelle del Pubblico Ministero. Tale facoltà è stata attribuita al difensore in seguito all’inserimento di un apposito titolo nel codice di procedura penale, ad opera dell’articolo 11 della legge 7 dicembre 2000, n. 397. Le indagini devono essere svolte nel rispetto delle disposizioni di tale titolo e con le modalità e i limiti ivi indicati. (Codice procedura penale, articolo 391-bis, 391-ter, 391-quater, 391-quinquies, 391-sexies, 391-septies, 391-octies, 391-nonies, 391-decies) La facoltà di esercitare tali indagini è attribuita al difensore nel giudizio penale, con facoltà di avvalersi di sostituti e di consulenti specializzati nel campo delle indagini che di volta in volta si dovranno effettuare (perizie mediche, indagini balistiche, valutazioni psicologiche e psichiatriche, perizie foniche, perizie su filmati eccetera). In taluni casi le indagini vengono svolte attraverso ricerca e acquisizione di documenti, anche presso la Pubblica Amministrazione, ovvero attraverso l’audizione di persone informate sui fatti e la redazione di apposito verbale. Solitamente a tali incombenti provvede il difensore direttamente, o a mezzo di sostituto. Sin dal momento della notizia dell’apertura di un procedimento penale, pertanto, potrà risultare assai utile fornire al proprio difensore qualsiasi spunto di indagine per reperire elementi a favore attraverso attività di investigazione difensiva che possa sopperire alle carenze in tal senso del Pubblico Ministero. Come noto, infatti, nonostante l’articolo 358 del codice di procedura penale preveda espressamente che il Pubblico Ministero svolga “altresì, accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”, il più delle volte tali accertamenti risultano del tutto assenti. CHI Il soggetto titolato a svolgere le indagini difensive è il difensore nel procedimento penale che deve ben conoscere le modalità e le procedure per l’assunzione degli accertamenti da trasporre nel processo – pena l’inutilizzabilità di tali indagini per assenza dei requisiti formali. E’ indispensabile un avvocato penalista. A fianco del medesimo, il relazione alla tipologia di accertamenti da svolgere, potranno essere nominati consulenti, ad esempio un medico legale, un esperto balistico, traduttore, fonico, commercialista, ingegnere specializzato, informatico, società di investigazioni eccetera. Essi potranno redigere apposite relazioni su quanto accertato e potranno essere sentiti avanti al Tribunale in contraddittorio circa gli esiti del proprio apporto professionale.
Possono essere interrogate persone informate sui fatti nell’ambito delle indagini difensive?
Sì. Al fine di acquisire notizie utili per le indagini, possono essere sentite persone in grado di fornire informazioni quali spunti per le investigazioni in corso attraverso le indagini difensive.
Chi può procedere a tale assunzione di informazioni?
Sia il difensore personalmente, o a mezzo di sostituto processuale (articolo 102 codice di procedura penale), sia gli investigatori privati autorizzati, sia i consulenti tecnici nominati dal difensore.
Si tratta di un vero e proprio interrogatorio?
Nel caso in cui si assumano semplici indicazioni finalizzate a fornire spunti per ulteriori ricerche e approfondimento nelle investigazioni, potranno essere assunte liberamente, poiché quanto poi sarà indispensabile in giudizio sarà rappresentato dagli approfondimenti successivamente intervenuti ad opera dei consulenti del difensore. Diversamente, nel caso in cui le stesse informazioni assunte dalla persona debbano rappresentare esse stesse importanti elementi di prova (ad esempio per contraddire eventuali ulteriori dichiarazioni al fascicolo del Pubblico Ministero), si dovranno seguire le regole e le garanzie di un vero e proprio interrogatorio.
Dovrà, dunque, essere documentato il colloquio assunto attraverso le indagini difensive?
Sì. Dovrà essere redatto un vero e proprio verbale anche riassuntivo delle dichiarazioni – previa assunzione dei dati personali e spiegazione alla persona che viene sentita degli avvisi di rito previsti dall’articolo 391-bis (tra cui quello di avere la facoltà di astenersi dal rendere dichiarazioni). Le indicazioni e formalità sono previste dall’articolo 391-ter del codice di procedura penale.
E’ obbligatoria anche la registrazione?
Non è obbligatoria, tuttavia è altamente consigliabile (a tutela del difensore) monitorare il colloquio attraverso supporto audio o video, al fine di prevenire eventuali contestazioni o ripensamenti da parte del soggetto ascoltato che potrebbe successivamente ritrattare le dichiarazioni assumendo di essere stato frainteso/guidato/minacciato.
E’ possibile utilizzare parzialmente le dichiarazioni assunte in fase di indagini difensive nel caso in cui la persona sentita riferisca anche circostanze a sfavore?
No. Una volta raccolta e documentata la testimonianza, essa dovrà essere utilizzata integralmente e trasposta nel fascicolo della difesa nella sua completezza. Non vi è possibilità per il difensore di inserire degli “omissis” nelle dichiarazioni. In caso di dichiarazioni sfavorevoli, la scelta difensiva potrà essere solo quella di omettere totalmente la prova così assunta e non servirsi del tutto di tale testimonianza. Diversamente incorrerebbe in grave illecito disciplinare, oltre ad eventuale contestazione di reato nei casi più gravi. Le sommarie informazioni assunte risulterebbero in ogni caso viziate e, pertanto, non utilizzabili.
La persona sentita nell’ambito delle indagini difensive deve sottoscrivere la dichiarazione rilasciata?
Assolutamente sì. Il verbale redatto dal difensore deve essere sottoscritto, a garanzia della sua genuinità, in fine ad ogni foglio. Diversamente tali indagini difensive sarebbero dichiarate inutilizzabili, perché assunte in violazione delle modalità previste dall’articolo 391-ter, comma terzo, codice di procedura penale, che richiama le regole per la documentazione degli interrogatori dell’indagato.
Cosa accade se la persona sentita nell’ambito delle indagini difensive renda dichiarazioni dalle quali emergano indizi di reità a suo carico?
In tal caso il difensore o il sostituto interrompono l’assunzione di informazioni da parte di tale persona non ancora imputata ovvero della persona non ancora sottoposta a indagini. Le precedenti dichiarazioni non potranno essere utilizzate contro la persona che le ha rese.
Se la persona si rifiuta di rilasciare dichiarazioni in fase di indagini difensive al difensore, che rimedi vi sono?
Il difensore potrà chiedere al Pubblico Ministero di disporre l’audizione della persona informata su fatti di interesse per l’investigazione del difensore che si sia avvalsa della facoltà di non rendere dichiarazioni. Dovrà indicare le circostanze in relazione alle quali si vuole che la persona sia sentita e le ragioni per le quali si ritiene che esse siano utili alle indagini. Se il Pubblico Ministero non provvede, potrà essere indicata quale testimonianza da assumere direttamente davanti al Giudice.
Possono essere utilizzati i risultati di indagini difensive assunte dopo la chiusura delle indagini da parte del Pubblico Ministero?
Sì, possono essere assunte in qualunque momento nel corso del procedimento penale e dichiarate utilizzabili dal Giudice procedente laddove sia stato garantito il contraddittorio con il Pubblico Ministero. Solitamente, in assenza di preventivi avvisi all’indagato dell’apertura di un’indagine a suo carico (con l’invito a eleggere domicilio per le notificazioni eventuali relative a detto procedimento), può accadere che il primo momento utile per apprendere gli esiti delle indagini (e, quindi, apprendere la necessità di intervenire attraverso integrative indagini difensive) sia l’avviso 415-bis codice di procedura penale. Attraverso tale avviso di chiusura delle indagini da parte del Pubblico Ministero viene formulata l’imputazione con invito a rendere interrogatorio e fornire elementi a difesa entro 20 giorni. Anche se assunte oltre tale ridotto termine, le indagini difensive possono ottenere comunque legittimo ingresso nel procedimento.
Possono essere utilizzati i risultati di indagini difensive nel giudizio abbreviato?
Sì, laddove siano state depositate prima della richiesta del rito (che è processo “allo stato degli atti”). Nel caso di assunzione successiva, potrebbero comunque essere considerate, in virtù della facoltà del Giudice dell’abbreviato ad assumere, d’ufficio, elementi ritenuti utili e indispensabili al fine del decidere. Potranno essere prodotte anche all’udienza preliminare stessa, tuttavia il Pubblico Ministero dovrà essere posto in grado di interloquire su tali elementi di indagine, in osservanza del contraddittorio, pena l’annullabilità della sentenza che tali risultanze abbia utilizzato. Il Pubblico Ministero, infatti, può attivare i propri poteri di investigazione suppletiva – eventualmente richiedendo un differimento dell’udienza – e svolgere le necessarie indagini finalizzate a contrastare l’allegazione dei risultati investigativi della difesa.
Possono essere utilizzati i risultati di indagini difensive nel giudizio di appello?
Il diritto del difensore di svolgere indagini difensive è esercitabile in ogni stato e grado del procedimento. Rappresentando esse pur sempre una prova, sono soggette ai limiti processuali di ingresso di nuove prove che, nel giudizio d’appello di norma sono escluse, se non autorizzate dalla Corte previa dichiarazione di riapertura parziale del dibattimento.
Se nelle more del processo è deceduta la persona sentita ad indagini difensive?
La morte del testimone consente, ai sensi dell’articolo 512 codice di procedura penale, quale circostanza sopravvenuta e imprevedibile, la lettura in giudizio delle dichiarazioni dallo stesso rese in sede di indagini difensive a norma dell’articolo 391-bis. Allo stesso tempo legittima l’interessato a chiedere ed ottenere l’ammissione di altra prova testimoniale equivalente a quella non potuta esperire in ragione del sopravvenuto decesso. Ciò sia nell’ambito del procedimento dibattimentale di primo grado, sia nell’eventuale rinnovazione in appello o nel giudizio di revisione della sentenza di condanna.
Possono essere effettuate, attraverso le indagini difensive, perizie parallele a quelle disposte dal Pubblico Ministero?
Solitamente, in caso di accertamenti irripetibili, all’indagato deve essere fatto avviso, affinchè possa nominare un proprio consulente che possa assistere ed intervenire nel corso dei rilievi peritali del Pubblico Ministero. Il più delle volte, tuttavia, considerato che tali rilievi vengono svolti quando ancora il procedimento è a carico di ignoti, nessun avviso viene disposto, sicchè nessun consulente della difesa potrà intervenire. In tal caso potrebbe chiedere autorizzazione postuma all’accesso per la ripetizione degli esperimenti effettuati dalla Procura. Raramente tale operazione viene autorizzata quale mera indagine difensiva, dovendo i campioni e i reperti rimanere invariati per eventuali sottoposizione a perizie disposte dal Giudice. In tal caso, dunque, i consulenti della difesa potranno analizzare le perizie svolte e la documentazione ad esse relativa, già in atti, contestarne la validità in base ad utilizzo di procedure errate di ricerca della prova e in tal modo insinuare il dubbio nei Giudicanti, affinchè essi stessi dichiarino necessaria una ulteriore verifica peritale rispetto alle risultanze fornite dal Pubblico Ministero.