Introduzione
Kohut (1971) elabora una teoria della mente che si allontana gradualmente dall’ambito pulsionale, la sua teoria considera come proprietà motivazionale la realizzazione e la coesione del Sé. Il Sé è concettualizzato come un centro di avvio, di organizzazione e di integrazione delle motivazioni umane.
La motivazione umana fondamentale per Kohut, è raggiungere l’equilibrio e l’autorealizzazione del Sé in termini di coesione interna. Le forze che sottostanno la realizzazione personale sono rappresentate da ideali, ambizioni, valori e talenti personali; affinché la personale identità o il Sé possa vivere l’esperienza della propria soggettività è necessario fare esperienza di rispecchiamento empatico da parte delle figure di riferimento, e al contempo è importante sentirsi appartenente al cosmo umano attraverso la funzione della gemellarità. L’esperienza relazionale con specifici oggetto- sé permette la formazione del personale nucleo strutturale. Ma andiamo a vedere nello specifico la sua teoria.
Le funzioni di oggetto-sé sono esplicitate da persone reali, non da rappresentazioni mentali, e riguardano le funzioni genitoriali di rispecchiamento, idealizzazione e, infine, la gemellarità vissute anche nelle traslazioni terapeutiche. La formazione del Sé nucleare è il perno su cui poi si realizzerà un Sé più maturo e coeso, ciò avviene attraverso un determinato processo chiamato interiorizzazione trasmutante che permette l’instaurarsi della formazione delle strutture psichiche e indica nel modo seguente le condizioni che lo rendono possibile:
- Una maturazione adeguata dell’apparato psichico;
- Un ritiro degli investimenti idealizzanti dovuto a piccole, non traumatiche, delusioni, che consenta una progressiva e graduale interiorizzazione di singoli aspetti dell’oggetto idealizzato. Quando la delusione è integrale e l’oggetto da onnipotente si rivela impotente, questa interiorizzazione risulta impossibile.
- Le qualità che vengono interiorizzate perdono il loro carattere di attributi personali dell’oggetto e assumono sempre più quello delle funzioni che l’oggetto era solito svolgere.
Sono i valori interni, i principi, gli ideali, le mete, le ambizioni e i talenti a strutturare l’identità; il sentire l’appartenenza al genere umano (gemellarità) ad attivarsi e a strutturare il Sé rendendo partecipe alla propria esistenza inserita con altre esistenze. Il tutto dipende dalle risposte affettive avute (oggetti-sé) che a volte continuano ad essere ridondanti a irretirsi.
Nel 1977 Kohut prende le distanze da Freud, allontanandosi dal concetto di narcisismo primario inteso come investimento libidico del Sé, ma il narcisista secondo la sua prospettiva è colui che ha un esperienza di deficit strutturale e non raggiunge un equilibrio narcisistico adeguato in termini di autostima e accettazione di sé; e le modalità reattive emotive di rabbia, di grandiosità a volte di arroganza, la pauradi frammentazione o alcuni disturbi psicosomatici caratterizzano la sua identità, sono squilibri narcisistici che portano alla difficoltà a decentrarsi con l’altro e alla impossibilità di condividerne l’esperienza in modo sano.
La psicologia del Sé: la teoria, la relazione con gli oggetti sé, i processi e la struttura
Kohut concepisce il Sé formato da una struttura interna in tre costituenti (non più bipolare come invece aveva considerato in Narcisismo e analisi del Sé nel 1971) che si formano in funzione alla relazione con i suoi oggetti sé:
- L’oggetto speculare: ha la funzione di confermare il senso innato di vigore, grandezza e perfezione del bambino(conseguenza di un sano rispecchiamento empatico materno);
- L’oggetto idealizzante: ha la funzione di farsi ammirare, per cui il bambino può confondersi nella fusionalità, come immagini di calma, infallibilità e onnipotenza (conseguenza dell’idealizzazione solitamente paterna).
- L’oggetto gemellare: ha una funzione che subentra successivamente, permette un senso di appartenenza.
I tre costituenti del Sé si riferiscono a tre poli:
- Il polo delle ambizioni, che si struttura con la funzione oggetto sé rispecchiante o speculare;
- Il polo degli ideali, che si struttura con la funzione oggetto-sé idealizzante;
- Una zona intermedia dei talenti e delle capacità, che si struttura con la funzione oggetto sé gemellare, alter egoica;
Il Sé in relazione ai suoi oggetti – sé può presentare dei deficit e quindi può essere danneggiato in uno o più poli sopra decritti e vivere tre tipi di traslazioni di oggetti sé vissuti nella relazione terapeutica:
- Il Sé danneggiato nel polo delle ambizioni cerca di suscitare risposte di conferma e approvazione da parte dell’oggetto sé (traslazione speculare).
- Il Sé danneggiato nel polo degli ideali è alla ricerca di oggetti – sé che voglia accettare la sua idealizzazione (traslazione idealizzante).
- Il Sé danneggiato nel polo intermedio nel settore talenti e capacità cerca oggetti disponibili per garantire l’esperienza rassicurante di una sostanziale somiglianza (traslazione gemellare o di alter ego). Questa area nella prima teorizzazione era considerata un sottogruppo della traslazione speculare. E’ una similarità di funzione e di significato.
Il bisogno di sperimentare oggetti sé subisce una maturazione che dura per la vita. A tal proposito Kohut distingue gli “oggetti arcaici immaturi”, che rappresentano la normale esigenza della prima infanzia, oppure sono ricercati più tardi, in modo cronico, nei casi di difetti del Sé, o in modo passeggero, in periodi di particolari tensione da coloro che non manifestano una patologia con gli oggetti sé maturi di cui tutti noi abbiamo bisogno per la sopravvivenza psicologica.
Sono tre i bisogni che l’uomo ha per sostenere il suo Sé:
- Bisogno di rispecchiamento e accettazione, corrisponde alla possibilità di avere un oggetto – sé rispecchiante, empatico e speculare;
- Bisogno di fusione con la grandezza, la forza e la calma corrisponde alla possibilità che l’oggetto -sé si faccia ammirare;
- Bisogno di sperimentare una somiglianza sostanziale, corrisponde alla possibilità di trovare sostegno nella presenza di qualcuno abbastanza simile da comprenderla ed essere compresa.
Il bisogno arcaico dell’oggetto – sé non deriva necessariamente dalla perdita di un oggetto d’amore ma dalla perdita di un’esperienza d’oggetto più matura.
Se il Sé è carente in tutte le risposte di oggetti – sé, la condizione del sé si aggrava e risulta gravemente impoverito. Ecco perché è fondamentale nella concezione kohutiana il concetto di strutture compensatorie, che servono a sopperire le carenze di oggetti-sé maturi con la possibilità di vitalizzarsi in una modalità non sana (esempio l’uso di sostanze di dipendenza).
La funzione empatica e il rispecchiamento
Una funzione indispensabile del caregiver o dell’oggetto Sé è la funzione empatica e di rispecchiamento, poiché in questo modo si avvia il processo di crescita e maturazione consono alla propria persona. L’empatia è l’immedesimarsi nel mondo dell’altro attraverso l’introspezione vicariante, ossia attraverso la risonanza affettiva che il mondo interno dell’altro suscita, ma per fare ciò è necessaria una grande capacità introspettiva e una rispondenza empatica; attraverso tale comprensione si costruisce una nuova relazione che fornisce esperienze rispecchianti e funzionali per il proprio sé e la propria identità. Kohut, spiega l’importanza funzionale degli “oggetti-Sé” indispensabili per tutta la vita e asserisce che a seconda delle qualità delle interazioni tra il Sé e i suoi oggetti nell’infanzia (relazioni Sé/oggetto Sé) esso emergerà come una struttura solida e sana oppure più o meno gravemente danneggiata (Kohut, 1978). Il primo “oggetto Sé” (oggetto speculare o rispecchiante) esperisce alla funzione empatica, solitamente materna, e al bisogno narcisistico di ricevere conferme alla propria onnipotenza esso struttura il senso di vigore e grandezza del bambino.
Identità e carenza idealizzante
L’“oggetto Sé” idealizzante (imago parentale idealizzata) esplica la funzione fusionale che il bambino ha solitamente nei confronti del padre in particolar modo nella fase edipica. Tale fusione, si riferisce alla possibilità del bambino di confondersi e ammirare la figura paterna, attribuibile a immagini di calma e onnipotenza per costruire fiduciosi ideali- guida indispensabili per la propria sicurezza. Tramite la cosiddetta “interiorizzazione trasmutante” la funzione di tale oggetto contribuisce a creare struttura interna e serve a fornire il senso di fiducia e sicurezza interna per tutta la vita. In particolare, negli stati di angoscia diffusa, il Sé non ha avuto la possibilità di fondersi con il proprio “oggetto- Sé” onnipotente ed ha sofferto, afferma Kohut, il traumadell’emotività condivisa.
Quando la relazione con l’oggetto idealizzato è stata disturbata molto precocemente, si determina una vulnerabilità narcisistica diffusa con l’incapacità di mantenere un adeguato equilibrio psico-fisico. Quando le vicende traumatiche nella relazione con l’oggetto sono intervenute successivamente, ma ancora nella fase pre-edipica, si ha difficoltà nell’incanalamento degli impulsi e la sintomatologia è spesso legata alla sfera sessuale (prime teorizzazioni). Quando le delusioni traumatiche sono intervenute nella fase edipica, si assiste ad un bisogno continuo di un oggetto da idealizzare e da cui ricevere approvazione. Nello sviluppo normale gli investimenti idealizzanti vengono progressivamente interiorizzati e si trasformano via via in una stabile idealizzazione del Super-Io, dei valori e dei principi che ne costituiscono i contenuti. Nei disturbi narcisistici le caratteristiche della traslazione idealizzante sono in qualche modo correlate al periodo in cui il processo di sviluppo del narcisismo idealizzante si è bloccato in seguito all’esperienza traumatica con l’oggetto-sé idealizzato. Anche gli “ideali” sono fonte di fiducia e sicurezza e calma. Durante l’infanzia il Sè angosciante cerca di fondersi con figure idealizzati (l’imago paterna) che servirà per favorire la tranquillità interna.
La vicinanza, il contatto ai corpi rilassati quando ci tenevano in braccio permettono un sostegno sano. Il bambino ha la possibilità di sperimentare il calore, la gioia condivisa, l’esibizione grandiosa e al contempo un atteggiamento realistico che tiene conto delle limitazioni del bambino attraverso la frustrazione ottimale, che non significa traumatica ma non empatica.
L’identità o il Sé nella sintomatologia, l’oggetto- sé arcaico caratterizzante un aspetto del Sé
I comportamenti sintomatici vanno ricondotti a quei bisogni arcaici non soddisfatti, droga e alcool sono probabilmente oggetti arcaici non separati da sé, fusi con esso per sopperire una carenza di oggetto- sé. Tali oggetti arcaici sottolineano il fallimento degli stessi, essi costituiscono la compensazione dei vuoti del Sé. La stigmatizzazione o il giudizio accentuano la rimozione dei bisogni che ne sono all’origine e, impedendone l’espressione, li rende così definitivamente non elaborabili. La comprensione della funzione protettiva della relazione con gli oggetti arcaici, riguarda la possibilità di evitare le angosce di disintegrazione. Le manifestazioni sintomatiche, permetteranno ai bisogni narcisistici di affiorare e di trovare nella relazione terapeutica una nuova possibilità di evoluzione. I deficit strutturali bloccano queste persone a configurazioni arcaiche del Sé grandioso oppure a oggetti arcaici sopravvalutati e investiti di libido narcisistica (fissati e non integrati). A differenza dello psicotico e dei casi limite, i pazienti narcisistici hanno raggiunto un Sé coeso e hanno costruito oggetti arcaici idealizzati coesivi, quindi la minaccia verso una disintegrazione del sé arcaico non è irreversibile come nei casi di psicosi.
L’identità, una seconda possibilità di esistenza: “Il Sé si esprime e matura nelle traslazioni analitiche”
Kohut, stimolato indubbiamente dalla conoscenza clinica del momento, amplia il concetto direi di persona, la umanizza, cerca di comprendere la soggettività e la formazione della sua struttura personale. Attraverso la sua esperienza personale e la sua acutezza clinica azzarda tale ambiziosa teoria che contribuisce a rendere più ottimistica la visione dell’uomo e a darli una nuova possibilità di esistenza.
Le traslazioni terapeutiche e l’empatia come strumento terapico, offrono alla persona una nuova possibilità esperienziale e relazionale. Nel contesto terapeutico il vivere nel qui ed ora i processi traslativi, attraverso il terapeuta come funzione di oggetto sé offre una nuova possibilità di strutturazione del sé.
Dalla Cura Psicoanalitica di Heinz Kohut: l’esperienza mi ha insegnato come sia errato guidare il paziente all’analisi di traumi precoci…il punto cruciale dello sviluppo successivo, quando per la seconda volta il Sé ha ricercato quelle risposte “da persone reali ” (o esperienze) che avrebbero rafforzato la sua coesione, viene rivissuto nelle decisive traslazioni che hanno luogo in analisi ed i processi di elaborazione così avviati determineranno la formazione di un Se’ strutturalmente completo e coeso. (Kohut, 1984)
La relazione terapeutica permette una nuova visione della propria identità, più strutturata e consapevole di chi siamo. Fondamentale al fine di costruire un sé sano è l’armonia di base tra il Sé e i suoi oggetti-sé. In secondo luogo devono verificarsi da parte dell’oggetto sé alcune carenze (che Kohut identifica nelle risposte di empatia inadeguata) di grado non traumatico, la cosiddetta chiamata “frustrazione ottimale”. E’ in realtà questa una sequenza bifasica di eventi psicologici della prima infanzia che si ripetono un infinite di volte e comportano delle conseguenze:
- La formazione della struttura attraverso un processo chiamato interiorizzazione trasmutante;
- Prepara un cambiamento molto significativo nelle relazioni Sé/oggetto sé: si tratta del passaggio graduale da un sé che per sostenersi dipende da modelli arcaici di rapporto nella sfera narcisistica, in particolare da fusioni con l’oggetto sé speculare, fusioni con l’oggetto sé idealizzato e fusioni gemellari (fusioni con oggetto sé vissuto come alter ego del sé) ad un sé che diviene gradualmente capace di essere sostenuto, per la maggior parte del tempo, attraverso la risonanza empatica da oggetti sé presenti anche nella vita adulta. Per poter guarire con la psicoanalisi il paziente deve essere capace di assumere dentro di sé l’analista come oggetto – sé, riattivando quel gruppo di esperienze interiori chiamate “traslazioni oggetto- Sé”.
Il Sé che soffre di una nevrosi da conflitto, o di un disturbo narcisistico della personalità o del comportamento, è un individuo cui il sé residuo è ancora potenzialmente alla ricerca di oggetti sé che li diano risposte adeguate. La parte del sé residua può essere rimossa o scissa e può essere alla ricerca di oggetti sé che rispondano in modo adeguato.
Secondo la psicologia del sé quindi l’essenza della guarigione psicoanalitica risiede nella nuova capacità del paziente di identificare e trovare oggetti – sé appropriati, sia speculari che idealizzabili, quando essi si presentano nel suo ambiente reale e di essere sostenuto da essi. L’analisi quindi permette l’acquisizione di una struttura psicologica più solida; questo però non la rende indipendente dagli oggetti sé ma accresce la capacità del Sé di usare oggetti – sé per sostenersi, nonché la libertà di ricercare oggetti sé più maturi. Quindi durante la traslazione terapeutica si ha una riattivazione delle strutture arcaiche che Kohut chiama regressione, senza il pericolo di una frammentazione (come invece avviene nei casi di psicosi).
E’ un lavoro delicato in cui si attivano processi che si alternano a volte si confondono, ma il fine ultimo è la coesione e il sentirsi in diritto di esistere come persone in un contesto appartenente al genere umano di persone se pur diverse.
L’obiettivo del trattamento è la riabilitazione delle strutture imperfette o indebolite del Sé. Questo è possibile solo mobilitando i bisogni arcaici, rimasti insoddisfatti perché rimasti privi di risposta e per questo profondamente rimossi o scissi dal settore centrale della psiche.
E’ questo un tentativo di Kohut di dare delle risposte concettuali che partono dalla clinica e ciò che avviene nel processo analitico in cui per l’appunto si attivano delle traslazioni che vanno comprese e supportate. E’ una psicologia che si integra con altre psicologie, “la relazionale” e “l’intersoggettiva in cui viene ripresa ed ampliata la dinamica inconscia che spesso irrigidisce i processi mentali”.
Conclusioni
La sopravvivenza psicologica del bambino e poi adulto richiede un ambiente psicologico specifico, la presenza di oggetti sé che rispondano empaticamente ai bisogni personali. Gli oggetti sé si formano dalla relazione con gli altri significativi, sono funzioni esterne e reali capaci di strutturare il proprio sé in modo coeso ed integrato in termini di equilibrio narcisistico e autostima e struttura coesa. Gli “altri” reali sono necessari per creare un senso di onnipotenza sana e conferma della propria autoefficacia (tramite il rispecchiamento) per rafforzare un senso di sicurezza per affrontare la vita con fiducia e creatività. Tale processo di integrazione comincia sin dalla nascita e gli oggetti sé servono per costruire strutture interne per un equilibrio narcisistico in termini di autostima e accettazione di Sé. Il Sé autonomo, tuttavia non è una replica di oggetti Sé, ma da una possibilità di avvio e autorealizzazione per la propria identità alla ricerca di oggetti sé maturi.