Palazzo di Giustizia, aula 59. L’ultima in fondo al corridoio del pianterreno. Dove si tocca con mano un pezzo della Torino in cui viviamo. Quella dei piccoli criminali che scippano, spacciano, svuotano le case o scassinano le auto. E quella dei poveracci che delinquenti lo diventano per forza. O per disperazione.
Bianchi e neri, tossici e impiegati, badanti e pensionati. Tutti nella stessa gabbia con i vetri. Qualcuno seduto, con le mani sul volto per la vergogna. Qualcuno con il sorriso beffardo, l’aria strafottente, qualcuno che dà di matto, si percuote il petto e prova a spogliarsi.
L’aula 59 è quella delle “direttissime”. E dentro la gabbia ci sono i cosiddetti “microcriminali” che entro 48 ore dal fermo devono comparire davanti a un giudice che quasi sempre convalida il fermo e, con altrettanta frequenza, scarcera. In attesa del giudizio, quando si rinvia, o dopo una condanna cui quasi mai segue il trasferimento in carcere.
Torino Cronaca