Albert Bandura è nato ad Alberta, in Canada, nella piccola città di Mundare. Era il più giovane di sei figli, due dei quali morirono in gioventù, uno in un incidente di caccia e un altro per la pandemia influenzale. I genitori di Albert Banduraerano laboriosi e autodidatti; trasferitisi dai paesi dell’est Europa in Canada iniziarono a lavorare presso terzi e poi, dopo aver acquistato una fattoria, coltivarono dei propri terreni.
La sua educazione scolastica, primaria e secondaria, era molto esplorativa e pratica, poiché la scuola che frequentava era guidata da due soli insegnanti e aveva risorse limitate da un punto di vista didattico. Bandura, però, vedeva questo limite come un vantaggio, poiché la sua curiosità gli ha concesso di approfondire concetti e teorie che gli permisero creare le fondamenta della sua conoscenza.
Dopo aver finito la scuola, Albert Bandura si recò allo Yukon per lavorare alla costruzione dell’autostrada dell’Alaska e al suo ritorno a casa, gli è stata offerta la possibilità di stare nella fattoria o continuare a studiare.
Vita professionale
Bandura iniziò l’Università della British Columbia e si appassionò presto alla Psicologia inserendola, inizialmente, nel suo piano di studi come disciplina complementare, ma ben presto divenne il suo principale interesse. Egli si innamorò all’istante di questa materia conseguendo la laurea in soli tre anni e ricevendo anche il premio Bolocan Award per la Psicologia. Ha continuato i suoi studi presso l’Università dello Iowa dove ha conseguito il Master e il dottorato.
L’Università dello Iowa, in quel periodo, era molto nota per le ricerche e i progressi nel campo dell’ apprendimento. Per questo, Albert Bandura, mentre studiava, conobbe Kenneth Spence con cui iniziò a collaborare. Fu inoltre influenzato anche dal pensiero del suo predecessore, Clark Hull, e dagli scritti di Neal Miller e John Dollard.
Bandura iniziò a svolgere esperimenti in cui si usavano immagini, e a livello teorico si appassionò al determinismo reciproco e alla rappresentazione. Di conseguenza, sviluppò una serie di competenze teoriche e analitiche che lo indussero a formulare una nuova cornice teorica volta alla valutazione del processo mentale.
Albert Bandura svolse un breve internato al Wichita Kansas Guidance Center e alla fine iniziò a insegnare alla Stanford University nel 1953, dove lavora ancora oggi.
Bandura, da subito, cercò di studiare come la teoria dell’apprendimento si potesse applicare ai fenomeni clinici ed effettuò un tentativo di concettualizzare tali fenomeni per consentirne la verifica sperimentale.
Durante questi anni a Iowa, incontrò Virginia Varns, un’istruttrice della scuola per infermieri, che successivamente spesò e dalla loro unione nacquero due bambine.
Dopo aver conseguito il Dottorato all’Università dello Iowa, si trasferì a Standford, dove iniziò ad occuparsi dello studio dei processi interattivi in psicoterapia e dei modelli familiari che generano comportamenti aggressivi nei bambini. I risultati del suo studio fornirono molte prove a supporto della teoria del modellamento, secondo la quale l’apprendimento avviene attraverso l’osservazione altrui, considerata centrale nello sviluppo della personalità di ciascun individuo. Tali evidenze vennero diffuse daAlbert Bandura attraverso la pubblicazione di due libri: Adolescent Aggression (1959) e Social Learning and Personality Development (1963).
Il libro del 1986 Social Foundations of Thought and Action rappresenta, inoltre, il tentativo di sviluppare una teoria in grado di spiegare e chiarire tutti gli aspetti delle capacità umane, passaggio fondamentale, secondo Bandura, per comprendere lo sviluppo della personalità e il cambiamento terapeutico.
Teoria dell’apprendimento sociale
Bandura iniziò la ricerca concentrandosi sulla motivazione umana, l’azione e il pensiero e ha lavorato con Richard Walters per esplorare l’ aggressione sociale. Il loro studio ha sottolineato l’impatto dei comportamenti di modellizzazione e ha dato il via alla ricerca nell’area dell’apprendimento osservazionale.
Il suo studio più noto è l’esperimento chiamato bambola Bobo, dal nome commerciale del pupazzo gonfiabile usato.
Negli esperimenti erano coinvolti bambini, sia femmine sia maschi, di età compresa tra i 3 e i 6 anni, che, in un primo momento, erano seduti in una sala giochi all’interno della quale erano presenti: un adulto, vari giocattoli, tra cui una mazza, e Bobo. Succede che, in alcuni casi, l’adulto gioca per qualche minuto e ignora il pupazzo, in altri invece, prende quasi subito Bobo a martellate, molto veementi; in altri, l’adulto aggressivo, di volta in volta, è anche premiato o sgridato o lasciato senza conseguenze.
In un secondo tempo, il bambino è condotto in un’altra stanza, dove ci sono diversi giochi. Dopo due minuti, i giocattoli gli sono sottratti, dicendo che sono riservati ad altri bambini, e successivamente è riportato nella prima sala. A questo punto il bambino, che aveva assistito all’aggressione di Bobo da parte dell’adulto, manifesta un gioco di tipo aggressivo, conseguenza della sottrazione precedente dei giocattoli, e in particolare agisce la sua rabbia attraverso gesti ed espressioni verbali violente nei confronti del pupazzo Bobo, in misura assai superiore a quella espressa dai soggetti che non avevano assistito alla violenza da parte dell’adulto. Inoltre, è stato osservato che il comportamento aggressivo è molto più intenso nei maschi che nelle femmine e non emerge nessun effetto particolare, sull’espressione di aggressività nei bambini, in relazione al fatto che l’adulto sia stato o meno premiato o sgridato.
I risultati, dunque, mostrano che non si impara solo in base al meccanismo del premio e della punizione, come sostiene il comportamentismo, bensì anche per via dell’apprendimento osservativo o apprendimento vicario.
Albert Bandura si discostò dalla concezione comportamentista di apprendimento, in cui si associava l’ apprendimento all’esperienza diretta, dimostrando come dei nuovi comportamenti possano essere appresi mediante la semplice osservazione dei comportamenti altrui.
L’ apprendimento, dunque, per Bandurasi basava sull’imitazione, resa possibile grazie al rinforzo vicario, per cui le conseguenze relative al comportamento messo in atto dal modello, ricompense o punizioni, hanno i medesimi effetti sull’osservatore. Inoltre, Albert Banduraconiò il termine modellamento, ovvero la modalità di apprendimento che entra in gioco quando il comportamento di un organismo, che assume la funzione di modello, influenza il comportamento di colui che lo osserva.
Bandura ha sottolineato che i bambini imparano in un ambiente sociale e spesso imitano il comportamento degli altri, questo processo è noto come teoria dell’apprendimento sociale.
Albert Bandura ha sviluppato la sua teoria cognitiva sociale da una visione olistica della cognizione umana in relazione alla consapevolezza e influenza sociale. Ha sottolineato che il comportamento è guidato da una combinazione di pulsioni, spunti, risposte e ricompense. Ad esempio, un bambino potrebbe mangiare cioccolatini e rafforzare questo desiderio se il genitore risponde allo stesso bambino mangiando anch’egli cioccolatini contemporaneamente.
Bandura analizzò anche le variabili che sono coinvolte nel processo di apprendimento, chiamando in causa i fattori cognitivi, da cui dedusse che le aspettative proprie e altrui sulle prestazioni esercitano un’influenza molto forte sui comportamenti, sulla valutazione di effetti e risultati e sui processi di apprendimento. A seconda se il successo o il fallimento siano attribuiti a cause interne o esterne, controllabili o incontrollabili, le reazioni affettive e cognitive che conseguono a tali risultati potrebbero variare.
La teoria dell’agire morale
La teoria dell’agire morale è una propaggine della sua teoria cognitiva sociale. Il comportamento morale è un prodotto dell’autoregolamentazione attivata in un contesto sociale. Bandurasostiene che le persone possono agire in modo umano o inumano. Il comportamento inumano diventa possibile quando una persona può giustificarlo. Questa giustificazione comporta una sorta di ristrutturazione cognitiva, che segue uno schema specifico. Il linguaggio igienizzante, che rimuove il peso della crudeltà da un’azione, è un componente chiave. Ad esempio, se il genocidio fosse visto come una normale conseguenza della pulizia di una razza sarebbe, dunque, eliminato l’aspetto fondante, ovvero la crudeltà di tale comportamento. Quindi, è come se si verificasse una sorta di giustificazione morale in cui si minimizza il danno causato all’altro e si sposta la responsabilità su un’altra persona o su un intero gruppo. Incolpare o disumanizzare la vittima è spesso un ingrediente chiave nelle azioni brutali volte a rendere moralmente accettabile qualcosa che non lo è affatto.