Si inserisce all’interno delle riflessioni fatte sul tema, un’opera snella (per numero di pagine) ma ricca di spunti di riflessione, scritta nella forma dialogica cara alla filosofia greca: il Laelius de amicitia dell’oratore romano Marco Tullio Cicerone. Il dialogo si svolge tra Lelio, Fannio e Mucio Scevola, in occasione della morte di Scipione Emiliano, il più caro amico di Lelio; a parlare nella maggior parte del dialogo è quest’ultimo, interrotto poche volte dai suoi interlocutori. Secondo Cicerone siamo nati affinché ci fosse fra tutti una sorte di legame e l’amicizia non è nient’altro che una grande armonia di tutte le cose umane e divine, insieme con la benevolenza e l’affetto.
Ciò che cementa questo legame è la ricerca della virtù nell’altro, senza virtù non c’è amicizia; la scelta di un amico ricade su di una persona piuttosto che su di un’altra, per delle qualitàche la contraddistinguono, infatti nulla è più amabile della virtù. L’amicizia è un dono della natura per accrescere la virtù, se la virtù da sola non può raggiungere quelle che sono le più alte vette, unita e associata ad un’altra virtù può raggiungerle. Ne consegue che l’amicizia non può essere compagna di vizi, se ciò che origina l’amicizia è la virtù “non è una giustificazione se si sbaglia a causa di un amico. Dal momento che la fama di virtù è stata mediatrice d’amicizia, è difficile che l’amicizia rimanga, se ci si è allontanati dalla virtù”. Non si commettono errori in nome dell’amicizia, con l’amico che sbaglia non si può essere accondiscendenti, altrimenti vengono a mancare le sue fondamenta.
Nell’amicizia quindi la sincerità è un pilastro fondamentale, non c’è più da sperare salvezza per chi abbia le orecchie tanto chiuse alla verità da non poter sentire il vero da un amico, per questo è “di un animo nobile, perfino odiare apertamente piuttosto che celare il proprio pensiero dietro un falso aspetto”. Non basta passare del tempo assieme per essere amici, frequentare gli stessi luoghi, avere gli stessi interessi, fingersi “amico” per interesse, oppure reputarsi tali per il solo fatto di “dirlo”. Se l’interesse, cementasse le amicizie, questi cambiando le distruggerebbe, con queste parole l’avvocato romano vuol dire che chi riduce l’amicizia ad un rapporto di tornaconto personale, s’inganna nel credere di avere amici e si accorge che nel giro di un periodo –più o meno lungo- scemato l’interesse, scompare anche l’amicizia simulata. Si devono scegliere, dunque, uomini saldi, costanti e stabili; ma di questo genere di individui vi è grande penuria