Come afferma Gullota (2009) le neuroscienze forensi si occupano dei dati neuroscientifici rilevanti ai fini della valutazione giudiziaria; l’autore evidenzia l’idoneità delle teorie e delle metodologie delle neuroscienze a costruire valida prova scientifica all’interno del processo penale civile, tenendo conto delle dovute distinzioni.Sartori e Sammicheli (2009) collocano questa categoria disciplinare all’interno del più vasto gruppo di neuroscienze giuridiche, ovvero tutte le possibili applicazioni in ambito giudiziario delle risultanze della ricerca e della pratica neuro scientifica. Alle neuroscienze forensi i due ricercatori inseriscono anche le neuroscienze criminologiche e le neuroscienze normative (Bianchi et al, 2009).
Le neuroscienze criminologiche hanno come oggetto di studio il crimine e il criminale da un punto di vista neuroscientifico, indipendentemente dalle possibili implicazioni, a livello processuale, dei risultati ottenuti; l’obiettivo finale realizzare una sorta di mappa, una “neuroanatomia” (Lavazza e Sartori, 2011) delle caratteristiche neurologiche del criminale. Si assiste infatti in tale ambito al ritorno ad un paradigma del delinquente nato in chiave moderna (Neolombrosismo). In ambito criminologico , prima dell’arrivo delle neuroscienze, diversi studiosi tentarono di riabilitare, se non altro parzialmente, la teoria lombrosiana.
Un riuscito tentativo di correlare la biologia del singolo individuo con le sue tendenze devianti avvenne ad opera di James Q. Wilson e Richard J. Herrstein,che descrissero i risultati ottenuti nell’opera Crime and Human Nature: The Definity Study of the Causes of Crime (1985). I due studiosi dimostrarono la presenza di alcune caratteristiche nella costituzione e nella personalità che differenziano i criminali dagli altri individui; i criminali sarebbero principalmente individui di genere maschile, con un’età compresa tra i sedici ed i venticinque anni, corrispondenti al somatotipo mesomorfico, muscoloso, aggressivi, impulsivi, non empatici, poco intelligenti, con carenze soprattutto a livello linguistico.Essi delinquerebbero perché avvertirebbero gli eventi futuri come qualcosa di lontano e quindi di non interessante e vivrebbero solo per il presente, per il qui ed ora (Wilson e Herrnstein, 1985). Relativamente alle caratteristiche fisiche dei criminali, non sarebbero totalmente ereditarie, bensì risentirebbero della qualità delle cure ricevute sin dallo sviluppo prenatale e sarebbero quindi modellabili dagli ambienti in cui l’individuo si trova a vivere. Wilson e Herrnstein non illustrano in che modo la struttura corporea possa indurre un certo comportamento, ma si limitano a riportare quanto emerso dagli studi statistici. E’ importante sottolineare, che a differenza di Lombroso, in questa circostanza si parla di predisposizioni modellabili da fattori esterni e non di rigide determinazioni. La debolezza di queste argomentazioni, che cedono davanti al bisogno di spiegare il perché di certe correlazioni, sta nella limitatezza delle conoscenze sul funzionamento del cervello umano possedute negli anni in cui i due scienziati operarono.